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“Lo psichiatra mi inseguiva a piedi per le strade di Torino…”
Sono nata in Olanda, in una famiglia di 11 figli, ma dall’età di 20 anni abito ormai definitivamente in Italia. Ho sposato un italiano ed abbiamo un figlio. Io non ho mai avuto abusi sessuali o fisici, ma per tutta la vita non sono mai stata sicura dell’amore di mia madre nei miei confronti. Dall’età di tre fino ai sei-sette anni circa rammento che rimanevo sempre nelle sue immediate vicinanze, spesso quasi aggrappandomi alle sue gonne o piagnucolando. Sotto i 10-11 anni non avevo quasi amiche od amici e perlopiù restavo in casa - leggendo o giocando - dove era presente pure lei. Dall’età di 16 anni mia madre ha incominciato ad assillarmi per quasi un anno e mezzo con richieste infinite di aiuto nelle vicende domestiche, non lasciandomi neanche più un attimo di tempo libero non appena finivo i miei compiti o avevo già fatto la mia parte di faccende domestiche. Mi scovava dappertutto, in ogni angolo della casa. Come già aveva fatto in tanti anni precedenti con una mia sorella maggiore, rovinandole del tutto la carriera scolastica, quando questa se ne andò di casa per andare a convivere col suo innamorato mia madre cominciò a considerare me quasi unicamente come una ‘servetta’. Questo atteggiamento di mia madre nei miei confronti l’ho trovato davvero assillante e fastidiosissimo. Ad un certo punto, però, ci si mise pure mio padre che mi minacciò in questo modo: “O la smetti di protestare contro tua madre, oppure inizi a lavorare ed avrai finito di studiare!” Minaccia peggiore all’epoca per me non poteva esserci, perché mi piaceva parecchio studiare. Così, con l’aiuto di un assistente sociale legata alla mia scuola e la firma di due insegnanti sono riuscita ad ottenere una borsa di studio maggiore per poter andare a vivere per conto proprio, ancora sempre all’interno dello stesso villaggio. Per due anni ho avuto regolarmente colloqui con questa assistente sociale, anche se all’epoca ciò non mi è servito a comprendere molto meglio la mia problematica. Durante le vacanze natalizie di quel primo anno fuori casa rimasi sola nell’alloggio che occupavo assieme ad altri 3 studenti ed è stato allora che per la durata di una settimana incominciai per la prima volta a sentire delle voci. Mi davano, se non erro, solamente commenti e mi sembrava che provenissero da dietro di me, di fianco e di fronte a me. Sono riuscita allora a smettere da sola di ascoltarle. Ricordo vagamente che notai ad un certo punto che nella stanza non c’era nessuno, mentre io ascoltavo queste voci e così mi diedi una ‘svegliata’, una scrollata. Forse, però, pensandoci bene ora mi è stato pure d’aiuto all’epoca la visita quotidiana, la presenza di un caro amico, proprio durante quel periodo natalizio. Per i seguenti 25 anni io non ho più sentito le voci. Dopo il conseguimento del mio diploma magistrale decisi di andare in Italia, dove ho fatto la ragazza alla pari per un anno. Volevo un anno di tempo di riflessione per decidere cosa intraprendere come studio. E, anziché tornarmene poi in Olanda, sono rimasta in Italia a lavorare part-time ed a studiare, anche perché avevo una storia affettiva che mi legava qui. Per i decenni seguenti ho sempre avuto forti contrasti con la mia famiglia in Olanda, ma soprattutto con mia madre. Ho sofferto pure di vari disturbi psicosomatici. Quando mia madre è mancata nel 1994 circa 6 mesi dopo ho incominciato pian piano a percepire nuovamente delle voci, ma questa volta non sono più riuscita a staccarmi da questa percezione. E così è incominciato il mio viaggio delirante per circa quattro anni di un ascolto, replica ed altro ancora sempre più avvolgente di voci persecutorie. All’inizio mi è sembrato di capire quello che la gente nel mio quartiere diceva e mi pareva proprio che parlassero di me e di mio marito. Mi sembrava che mi spingessero a separarmi da lui, perché egli non mi meritava, mi impediva di essere me stessa. Così, nel giro di un anno, io mi sono lentamente convinta a separarmi di fatto, lasciandogli in custodia nostro figlio allora tredicenne. Mi sono cercata un nuovo lavoro a tempo pieno ed un alloggio ammobiliato e me ne sono andata, anche se restavo in frequente contatto con mio figlio. Neanche mezz’anno dopo la separazione, le voci che captavo mi disturbavano così tanto da non dormire bene la notte. Alle volte, mi alzavo per cercare di capire come potevo dormire meglio: se con la luce accesa ò con la luce spenta, se il mio letto andava sistemato direttamente sotto il lampadario o lontano da esso. Ricordo che non ci capivo più niente… Siccome allora anche di giorno sentivo i muscoli tesi come corde all’interno delle braccia e mani, al lavoro mi sono presa un permesso per esaurimento nervoso. Per 1 mese mi sono curata, anche con le medicine. E mi sono ripresa un pò. All’epoca ancora riuscivo a tenere in gran parte una parvenza di normalità: funzionavo ancora alquanto bene sul lavoro, nei contatti con mio figlio, i miei parenti ed amici, facendomi anche 2 volte le ferie estive in Francia e un soggiorno da mio padre, in Olanda. C’erano ancora alti e bassi, periodi in cui ero più o meno disturbata da questi miei conflitti interiori. Pian piano, però, captavo sempre più ‘persecuzioni’: mi sentivo prima perseguitata da mio marito, da mia madre, da una sorella ed altre persone ancora. Più o meno 1 anno dopo la separazione incominciavo a convincermi dell’esistenza della TELEPATIA. Mi sono costruita un’ infinità di idee: io, che sono nata in una famiglia di 11 figli, credevo pian piano di non avere più fratelli e sorelle. E credevo di essere soltanto figlia di mio padre e di mia nonna materna. Le idee di persecuzione si estendevano sempre più, fino ad avvolgermi tutta: alla fine quasi tutte le persone intorno a me mi sembravano coinvolte nella persecuzione nei miei confronti, compresi datori di lavoro, il proprietario del mio alloggio, ex-colleghe di lavoro ed altri ancora. Mi sembrava che tutte queste persone mi drogassero, mi tenessero a mia insaputa sequestrata, sottonutrita, che mi stuprassero persino periodicamente e che lo facessero per appropriarsi di infinite proprietà o titoli che invece appartenevano a me soltanto ed a pochi altri, come mio padre e mio figlio. Cercando di combattere tutte le ingiustizie ed i misfatti che io captavo venissero fatti, ho incominciato a presentare degli esposti in Procura. In totale, nell’ultimo anno, devo averne presentati almeno 160. In fin dei conti sentivo che era stata fatta una grande ingiustizia nei miei confronti ed ero convinta che a livello legale ciò dovesse pure venire fuori. Alla fine mi credevo persino l’Unico Procuratore a livello Mondiale, fin dai tempi dei Romani, come se fossi una specie di Gesù al femminile. A causa del mio malessere, del mio parziale malfunzionamento sul lavoro, delle idee varie che mi ero fatta, sono arrivata alla fine a non aprire neanche più la mia buca delle lettere. Credevo ci avessero collocato una bomba a mano. Così non pagavo più le mie bollette della luce e del telefono e, sistematicamente, mi venivano tagliate le relative forniture. Ma non mi scoraggiava proprio per niente. Alla fine avevo pure perso il mio posto di lavoro già da mezz’anno, mentre non ne cercavo neanche un altro. Non mi rendevo per niente conto che sarei potuta finire chissà come. Visto che il proprietario del mio alloggio pretendeva metà affitto sotto banco io, per questo motivo, l’ho pure denunciato e non pagavo più l’affitto. Così sono arrrivata, alla fine, ad avere lo sfratto esecutivo e quando questo è successo, mi sono trovata il dott. Tibaldi, mio psichiatra, sul pianerottolo di casa. Per quel giorno sono ancora riuscita a far perdere le mie tracce, mentre egli mi inseguiva a piedi per le strade di Torino e sono andata a dormire in una pensioncina. Ma l’indomani mattina, mentre presentavo il mio ennesimo esposto in Procura, sono stata fermata da due carabinieri, che mi hanno trattenuta fino all’arrivo del dott. Tibaldi. E lì è incominciato il mio Trattamento Sanitario Obbligatorio. So che il mio psichiatra ha cercato di avvicinarmi e di convincermi a farmi ricoverare volontariamente in una Comunità per circa 10 mesi prima del mio ricovero forzato, ma con me non c’era proprio la possibilita di questa soluzione. Per mia fortuna smisi di sentire le voci (persecutorie) circa 3–4 giorni dopo l’assunzione di Haldol all’interno del repartino, ma quello che invece rimase ancora vivo per circa 1 anno e mezzo era tutta la costruzione di idee, di fantasie che io mi ero costruita. Quella aveva bisogno di tempo per sgretolarsi. Sono stata poi per due mesi nel repartino di psichiatria e dopo sono andata per la durata di 13 mesi all’interno di una Comunità terapeutica dentro la città. Avevo, comunque, sia nel repartino che all’interno della Comunità la mia libertà di movimento: nel repartino uscivo sia al mattino che di pomeriggio per 1 ora, mentre nella Comunità, alla fine, mi assentavo ogni mattina dopo colazione per passeggiare in città per due ore-due ore e mezzo fino all’ora di pranzo. Dovevo solamente garantire la mia presenza per i pasti, la sera e durante la notte. Dopo i primi sei mesi nella Comunità ho avuto pure il permesso di rientrare ogni fine settimana a casa da mio figlio e mio marito, dal venerdì sera fino alla domenica sera, portandomi le medicine appresso. Questa libertà di movimento mi ha sicuramente fatto sentire meno ‘prigioniera’ e meglio disposta verso la psichiatra all’interno della Comunità, nonché in seguito verso altri colloqui. Sono pure sempre stata trattata in modo gentile, anche confidenziale alle volte, in breve in modo umano da tutto il personale. A me, inoltre, non è mai stata fatta una diagnosi di ‘schizofrenia’, da parte di nessuno. Io mi sentivo tremendamente male, ma non sapevo mica cosa farci io stessa. Non ero in grado di sbrogliare la matassa del mio proprio malessere da sola. Certo di una diagnosi non avrei saputo che farmene! A cosa mi sarebbe servita poi? E’ stato circa dopo tre anni che ho scoperto da sola tale diagnosi, all’interno delle carte cliniche che mi riguardavano. Ma allora sapevo pure cosa farmene, più o meno diciamo, cercando da quel momento in poi pian piano tutte le informazioni utili ed inutili, nonché quelle che mi provocavano rabbia. Poco prima di tornarmene a casa, alla fine dei 13 mesi di Comunità, mi è stato chiesto se me la sentivo di incontrare una psicologa ed io ho acconsentito. Da allora è incominciato la mia ‘psicoterapia’ o ‘terapia parlata’. A me per tanto tempo sono sembrati semplici colloqui, ma lentamente ne ho scoperto io stessa l’efficacia, soprattutto fuori da quelle ore d’incontri. Contemporaneamente incontravo lo psichiatra assieme a mio marito, sempre per brevi colloqui di 15-20 minuti circa. E’ sorto pure il dilemma di diminuire gradualmente l’assunzione degli psicofarmaci quando dopo 1 anno di incontri settimanali, incominciavo a fare scena muta davanti alla mia psicologa/psicoterapeuta. La decisione è stata presa di comune accordo ed alla metà del 2002 ho sospeso del tutto l’uso degli psicofarmaci. E’ stato più o meno pure a quell’epoca che i miei incontri con la psicoterapeuta sono scesi ad incontri mensili di 1 ora. Nell’aprile scorso hanno avuto del tutto termine. Nel giugno del 2006 sono stata invitata da questi due professionisti a scrivere la mia propria storia e io me la sentivo, eccome! Col mio racconto ho pure partecipato al recente Concorso Letterario ‘Storie di Guarigione’ tenutosi a Biella, ma per il settore racconti autobiografici (199 giunti) sono finita solamente tra i 15 finalisti, non vincitrice. So che scrivere di sé non è cosa che tutti si sentono di fare, ma per me con questo impegno è iniziato un viaggio di consapevolizzazione ancora più approfondito all’interno di me stessa, dei miei vari ricordi di tutta una vita, del significato di esperienze di vita varie, nonché una scoperta in tanti testi di psichiatria e di libri e racconti esteri ed italiani di persone con la stessa problematica, guariti e non. E mi sento più forte e battagliera di prima: ho riguadagnato energie psichiche prima bloccate all’interno di questo mio problema ‘di fondo’. Ho energia da vendere ora! E’ un percorso possibile, altrochè! Io ho, in ogni caso, avuto la fortuna di capitare all’interno di tutta una rete di psichiatria dal volto umano, cosa che purtroppo, non tocca a tanta – troppa! - altra gente. Torino, ottobre 2009

Source: http://www.parlaconlevoci.it/storie/pdf/Lia_Govers_Lo_psichiatra_mi_inseguiva_a_piedi.pdf

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New study aims to clarify dosing information for drug used to treat neonatal herpes The Pediatric Trials Network (PTN) has launched a clinical study designed to test the effects of the antiviral drug acyclovir in premature infants infected with the herpes simplex virus (HSV). The study is expected to enroll its first patient this month. Most neonatal herpes infections occur at birth. Infants

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The Skin Nelson Self Assessments website 17th Edition Question . 1 . A 10-day-old infant develops an annular, scaly, erythematous eruption on the forehead. He was born at term after an uncomplicated delivery, with a past medical history significant only for hyperbilirubinemia treated with phototherapy. Results of a KOH examination are negative. His mother has intermittent episodes of joint p

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