Microsoft word - voglio dire che l'anoressia si può vincere alla tante allegra che mi passano accanto, la gazzetta dello sport, 23-03-2007

La gazzetta dello Sport, lettera aperta, 23/03/2007 Voglio dire che l’anoressia si può vincere alle tante
Allegra che mi passano accanto.
Allegra Versace, figlia della stilista Donatella e di Paul Beck, combatte da dieci anni contro
l’anoressia, ma reagisce positivamente alle cure. Ieri la famiglia, per rispondere alle
indiscrezioni della stampa, ha voluto precisare che la ragazza “al momento non è ricoverata in
alcuna struttura ospedaliera, trovandosi presso la sua abitazione privata (negli Stati Uniti,
ndr) ”. Ecco la lettera aperta di un ex anoressica celebre alle tante persone che lottano contro
questa malattia.

Da diversi mesi, dopo la morte di alcune modelle, sembra che il tema dell’anoressia e della bulimia stia attraversando il Paese come se fosse nato ieri. Se ne parla come se si trattasse di un virus. In realtà queste patologie molto gravi esistono da sempre, eppure quasi mai vi esistono da sempre, eppure quasi mai erano state nominate fino alla pubblicazione del mio libro autobiografico Tutto il pane del mondo (Bompiani) nel ’90. Scrissi per rendere noto che l’anoressia prima causa di morte nelle malattie psichiatriche, era reale e trattabile fino alla completa guarigione. Il parlar male di ciò che non è un virus e meno che mai un vizio, non aiuta le donne (e sempre più spesso gli uomini) di ogni età, e le loro famiglie, a ricorrere a una psicoterapia. Per 23 anni ho sofferto di anoressia e di bulimia fino a pesare 25 chili. L’astinenza da tutto, dal concedermi qualsiasi possibilità di provare a piacere, rifiutando di mangiare, di possedere, di gioire delle cose buone, è stato un esilio che mi ha tolto la parte migliore della mia vita. Ho creduto tenacemente che rinunciare a tutto potesse restituirmi quanto la vita mi aveva tolto dalla morte di mio padre. Mi sono accanita con ogni mezzo per rendermi invisibile, tra i miei 16 e i miei 35 anni, come se fossi una malata terminale, come se l’esistenza non mi appartenesse più. Il mio corpo inguardabile devastava la vita di tutti. Compresa quella del figlio che a 20 anni, nonostante tutto, ero riuscita a mettere al mondo. Sembra che la diffusione di notizie su donne profondamente sofferenti sia possibile solo quando si tratta di persone famose o di modelle e che ciò serva a fare clamore e nient’altro. L’anoressia è, invece, un modo di vivere che spesso rappresenta una “soluzione” a un disagio psicologico di cui essa è solo la punta dell’iceberg. Tutto questo parlare esclusivamente in presenza di morti o di vip, può rappresentare una spinta all’emulazione in soggetti poco protetti e difesi che cercano visibilità, ma soprattutto avanzano una disperata richiesta di aiuto. Si tratta di donne che usano il loro corpo per chiedere l’attenzione e la visibilità che non hanno mai ricevuto. Da 16 anni l’associazione che ho fondato cerca in tutti i modi di richiamare l’attenzione sulla gravità di una malattia sociale, drammaticamente sottovalutata dalle strutture pubbliche. Alle ragazze e ai ragazzi che oggi fanno i conti con la mia stessa antica disperazione, alle tante Allegra che mi passano accanto, io voglio dire che ci sono altri modi per testimoniare la sofferenza, utilizzando la parola, piuttosto che il proprio corpo. A tutte le donne che per una ragione o per un’altra soffrono di un amore mancato, a tutte le donne che sono tentate di prendere la strada dell’esilio, raccomando dai primi sintomi di cercare qualcuno che ascolti la loro sofferenza e le aiuti a riprendere la strada che conduce alla vita. Le persone che sono formate per curare e accompagnare chi soffre di anoressia e bulimia possono aiutarle, senza bocciare né giudicare la loro scelta estrema. Fidarsi di loro è possibile e rappresenta un momento unico e irripetibile di benessere. Per riprendere la via della vita senza smarrirsi.

Source: http://www.bulimianoressia.it/pdf/preferitifabiola/vogliodirecheanoressia.pdf

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