Commento biblico – musicale dell'introito e traduzioni
Il libro di Ester è una delle cinque Meghillôt (in ebr. “rotoli”) e viene letto
durante la festa dei Purim. Narra l’avventura di una giovane ebrea che assurge al
rango di regina e grazie a questa sua posizione riesce a scongiurare una
persecuzione contro il suo popolo all’epoca del re persiano Assuero/Serse.
Il testo dell’antifona per l’ingresso della liturgia odierna è uno stralcio della
preghiera dell’ebreo Mardocheo, anch’egli alla corte di Assuero. Si tratta però di
un’aggiunta greca al testo ebraico, e perciò detta deuterocanonica. La chiesa cattolica
accoglie questo testo come normativo e lo usa nella liturgia. L’insegnamento che se
ne può trarre è che nella storia è sempre all’opera la Provvidenza divina e il credente
deve rivolgersi a Dio con fede, nella preghiera.
A. In voluntate tua, Domine, universa sunt posita,
B. et non est qui possit resistere voluntati tuae:
C. tu enim fecisti omnia, caelum et terram, et universa quae caeli ambitu continentur:
Sulle prime quattro parole la melodia serena e pacata torna sempre sul fa, come per
descrivere l’immutabilità e stabilità dell’eterna volontà di Dio. Vengono in mente le
parole di Dante, “E ’n la sua volontade è nostra pace” (Par. III,87). La tristropha sul fa (che si ritrova per sei volte in tutto il brano) è dapprima su Domine e poi su sunt.
Due pes quadratus con episema sottolineano il participio passato, posita. La prima
frase finisce con una cadenza rovesciata, mi-fa, che, musicalmente, richiede una
Infatti, come quasi sempre avviene dopo questo tipo di cadenza, il motivo melodico
si muove verso l’acuto re-sol-la. La seconda frase è caratterizzata da maggiore
movimento quasi ad esprimere l’idea della possibile resistenza alla volontà di Dio.
La corda di recita si innalza al sol e compaiono tre porrectus fluidi. Ma ogni
resistenza è inutile. Una tristropha sul fa, due pes quadratus e due clivis episemate
mettono in rilievo la parola voluntati, parola su cui la melodia ritorna nell’ambitus
melodico e alla stessa gravità pacata di voluntate dell’inizio del brano. La frase finisce
con un movimento quilismatico fra il re e il fa che si trova sulla parola tua anche in
altri brani, come l’introito Suscepimus.
D’improvviso la melodia si innalza con enfasi al la quasi a indicare che il Signore ha
fatto ogni cosa. Da notare la moltitudine di note sull’ultima sillaba di omnia a
indicare la molteplicità della opere create, che ripetono il motivetto delle prime due
sillabe e poi scendono in modo grazioso: il Signore ha fatto cielo e terra e tutto ciò
che è contenuto nell’orizzonte del cielo. Nella melodia di caelum et terramet universa
riemerge nuovamente l’idea dell’immutabilità e stabilità della volontà di Dio. Il
significato di caelum et terram è uguale a quello di universa, quindi anche la
figurazione melodica è uguale. L’ultima parte della frase riprende il movimento
della prima; quae caeli ambitu ripete la melodia di tu enim . omnia, poi i motivi
ascendenti e due quarte discendenti esprimono il significato della parola continentur.
Con un grazioso movimento su Dominus la melodia ritorna alla solennità della prima
frase. Su universorum ritroviamo il movimento fra il fa e il re e i neumi fluidi di universa del primo rigo e del quarto. L’andamento largo delle ultime due sillabe
prepara la melodia di tu, dove il movimento fra il fa e il re si conclude con due
climacus che richiamano la melodia di posita alla fine della prima frase. Tutte le cose, Signore, sono sottoposte alla tua volontà, e non esiste qualcuno che possa resistere al tuo volere: infatti Tu hai fatto ogni cosa, cielo e terra e tutto ciò che l’estensione dei cieli contiene: tu sei il Signore dell’universo. Sal. Beati coloro, che, senza macchia lungo la via, camminano nella legge del Signore
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